La scrittura alfabetica, La nascita dell'alfabeto

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MAguSS
view post Posted on 27/11/2005, 18:01




Sembra probabile che la scrittura sillabica della lineare B, utilizzata da una classe di scribi al servizio delle corti micenee, sia andata perduta insieme con il crollo di quelle regge e con il venir meno delle esigenze di una società ormai disgregata, ma potrebbe anche essere sopravvissuta, sia pure in un ambito ridottissimo (e senza lasciare traccia per il materiale deperibile su cui era segnata), come ausilio delle poche necessità economiche di un mondo ormai impoverito. Una prova indiretta di una sua possibile utilizzazione oltre la fine della civiltà micenea potrebbe essere il sillabario di Cipro che, come la scrittura B, deriva dalla cretese lineare A: utilizzato tra il XV e l'XI sec., non ha lasciato poi testimonianze fino all'VIII, quando riemerge per sopravvivere fino al III sec. a.C.
La sopravvivenza o meno della scrittura sillabica non incide comunque sulla storia della poesia greca che nasce ed ha la sua prima fioritura come poesia orale, e non ha interessato i Greci dell'età classica, quando si sono volti a considerare la storia del loro progresso: essi non si sono curati dei "sèmata" micenei, ma hanno colto l'importanza della innovazione dei "gràmmata", delle singole lettere dell'alfabeto, e siccome amavano indicare per i vari aspetti della loro civiltà un "primo scopritore", un "pròtos euretès", attribuirono l'invenzione della scrittura alfabetica a diverse figure del mondo mitico. Un nocciolo di verità si trova però nella leggenda di Cadmo, principe dei Fenici, che, fissata la sua dimora in Beozia, avrebbe introdotto fra i Greci, oltre a molte altre conoscenze, anche il modo di scrivere del suo paese. Gli Ioni, apprese le lettere dai Fenici che Cadmo aveva condotto con sè, le avrebbero poi leggermente modificate (Erodoto). Al di là della vicenda mitica di Cadmo in Beozia, rimane il fatto delle origini fenicie dell'alfabeto greco.
In quel risveglio che si può notare nel mondo egeo del IX sec. si deve collocare anche l' "invenzione" della scrittura alfabetica: i Greci adattarono effettivamente alla loro lingua i segni utilizzati dai Fenici nella scrittura, individuando nella parola (e qui sta la novità della loro conquista) l'autonomia delle consonanti e delle vocali, e assumendo come vocali alcune lettere della scrittura fenicia.
Molti problemi sulle origini dell'alfabeto greco sono però ancora aperti: è stato un individuo di singolare intelligenza e sensibilità linguistica ad intuire come si potevano sciogliere in consonanti e vocali i suoni sillabici? E dove è avvenuto il trasferimento della forma di scrittura dalla lingua fenicia a quella greca?
Di certo si può dire che l'alfabeto non sorse contemporaneamente in più luoghi della Grecia che erano in contatto con l'area semitica: che il centro di irradiazione sia stato uno solo si deduce da certe caratteristiche che sono comuni a tutti gli alfabeti locali e insieme li rendono distinti da quello fenicio: innanzitutto la chiara articolazione del sistema vocalico, che è la più evidente innovazione, e poi, per esempio, l'uso di certe lettere (come φ, χ, ψ) di cui il fenicio manca, o, nell'età più arcaica, l'andamento bustrofedico dello scritto con le linee che vanno da sinistra a destra e da destra a sinistra.
Un gruppo di studiosi, tra cui la Jeffery, pensa che l'alfabeto sia nato in una località dell'Asia M., dove Greci e Fenici vivevano a contatto, e che di lì si sia poi diffuso: ad Al Mina, per esempio, a sud dell'Oronte, c'era un insediamento greco; la Guarducci invece non trova necessario indirizzarsi verso una zona dove i due popoli vivevano insieme e con buone ragioni pensa alla Creta del IX secolo, che era in stretti rapporti commerciali con i Fenici.
La diffusione dell'alfabeto è stata rapida. Nella seconda metà dell'VIII secolo compaiono le prime iscrizioni in forma di graffito. Sono già in alfabeti locali: le diversità grafiche testimoniano un'evoluzione avvenuta nel corso del tempo.
Può darsi che la nuova scrittura sia nata per scopi pratici, legati agli affari e alla vita quotidiana, ma è certo che già i più antichi graffiti, quando non siano nomi isolati, rivelano sequenze ritmiche, strutture preletterarie di versi che saranno elaborati successivamente, sicchè appaiono di notevole interesse per la storia della versificazione greca, talvolta aiutano a comprendere le "novità" portate poi dai poeti nella metrica della loro poesia. Sono, questi graffiti, le più antiche testimonianze di un impegno volto ad elaborare un testo scritto; acquistano importanza letteraria non solo perchè l'espressione cerca di essere accurata e viene di solito inserita in strutture metriche, ma proprio perchè è composta per essere fermata nel tempo mediante la scrittura, mentre la letteratura coincideva allora con la poesia degli aedi, che aveva ormai consolidato una sua tradizione e una sua tecnica destinate alla presentazione orale. L'epica era largamente diffusa ma, anche quando il metro adottato era l'esametro, lo scopo dell'iscrizione, lo spazio limitato, la difficoltà stessa, nei primi tempi, di segnare le lettere portavano a selezionare modelli espressivi offerti dal patrimonio epico per ottenere un'efficace brevità.
Fin dai primi graffiti si va delineando un genere poetico nuovo, l'epigramma.
I temi delle prime iscrizioni sono desunti dalla vita quotidiana e sono quindi più vari che non quelli dei successivi epigrammi che, fino al rinnovamento del genere in età ellenistica, diventano, per quanto possiamo dedurre dalle testimonianze rimaste, quasi esclusivamente o sepolcrali o votivi.
Il testo più antico è della seconda metà dell'VIII secolo, proviene da Atene ed è stato inciso su un vaso: dichiara che l'oggetto sarà premio di una gara di danza. Si tratta di un esametro seguito dall'inizio di un secondo verso di struttura anch'esso esametrica che doveva completare il pensiero.
Di poco posteriore sembra essere il graffito che figura in una coppa dell'ultimo quarto dell'VIII secolo, trovata in una necropoli di Ischia. La coppa dice di essere di Nestore e aggiunge che chi beve in essa sarà preso subito dal desiderio di Afrodite. Il testo si apre con una dichiarazione di proprietà formulata in una struttura preletteraria del trimetro giambico; seguono due esametri. I versi rivelano elaborazione formale e consuetudine, già allora nella Magna Grecia dell'VIII secolo, con il linguaggio dell'epica, ma l'importanza del graffito va oltre la sua accuratezza: per la prima volta troviamo esaltato il tema simposiale del vino e amore che riappare, nell'epigramma, solo molti secoli dopo, con l'età ellenistica.
Alla transizione tra l'VIII e il VII secolo vengono attribuiti alcuni graffiti di Thera, incisi sulla roccia. In alcuni di questi testi, che appartengono all'area culturale che è propria anche dell'isola di Paro, si sono visti, nonostante siano molto brevi, precorrimenti di certi ritmi caratteristi di Archiloco (Gallavotti).
Un problema che non si può eludere è quello del rapporto tra invenzione dell'alfabeto e composizione scritta di opere che sembrano testimonianza di poesia orale. Oggi, come si è detto a suo luogo, si è propensi a credere che l'Iliade e l'Odissea presuppongono la conoscenza della scrittura. Singoli aedi, specializzati in alcune "oìmai", avranno messo per scritto le loro rapsodie, con l'intento di facilitarne a se stessi il ricordo, scoprendo però anche, nel momento dello scrivere, la possibilità di elevare la qualità stilistica del loro canto.
Va però sottolineato che il processo di alfabetizzazione, se ha condotto all'esaurimento della poesia orale, non ha intaccato (e per alcuni secoli) il carattere di cultura orale in cui si inserisce la letteratura greca. Anche se è composta con l'ausilio della scrittura, essa viene detinata, almeno fino all'ultimo terzo del V secolo, quasi esclusivamente ad una presentazione orale.
La cultura del libro appare relativamente tardi.
 
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