Esiodo, (VIII-VII Secolo a.C.)

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MAguSS
view post Posted on 24/11/2005, 19:30 by: MAguSS




Le Opere e i Giorni

Una lite col fratello Perse, perduta per la corruzione dei giudici, e la minaccia del fratello di ricorrere ancora al tribunale costituiscono il movente che ha indotto il poeta a raccogliere nelle Opere e i Giorni le sue convinzioni sul valore della giustizia e del lavoro per presentarle, ammonizione ed esortazione insieme, al fratello Perse. Nell'operetta però Esiodo supera il fatto personale e propone la sua visione etica della vita a quanti intendono ascoltarlo. Il torto subìto si riflette tuttavia nell'apertura del poemetto, quando dopo l'invocazione alle Muse perchè vogliano celebrare Zeus come dio di giustizia, il poeta introduce con forte rilievo il tema della contesa ("èris"). La Teogonia conosce una sola Eris, figlia della Notte, genitrice di ogni sorta di mali. Ora invece Esiodo distingue quella funesta da un'altra Eris che spinge l'uomo al lavoro: se Perse è stato vittima della prima, voglia adesso seguire la seconda che è spirito di emulazione, elemento propulsore del progresso umano.
Gli Dèi hanno nascosto all'uomo di che vivere e questi deve ritrovare il suo sostentamento giorno per giorno col lavoro, nell'osservanza della giustizia, lontano dalla prepotenza ("ùbris").
L'hybris è dannosa alla povera gente e ai potenti, è la rovina dell'uomo e la giustizia presto o tardi fa pagare il fio a chi ha peccato. Il poeta scioglie un inno alla giustizia che allontana la guerra, dona la pace, fa fiorire la città. I campi fruttano, i querceti si caricano di ghiande, gli alveari si riempiono di miele, i greggi sono appesantiti dalla lana, i figli sono simili ai padri e non devono cercare di che vivere oltremare, perchè godono di una prosperità senza fine. Di qui l'esortazione ai nobili e agli umili, e a Perse naturalmente, perchè ascoltino la voce della giustizia.
Esiodo torna quindi al tema del lavoro: con esso gli uomini trovano la ricchezza e ottengono il favore divino. Il lavoro non è vergognoso, sì invece l'ozio: il lavoro produce ricchezza e a questa si accompagnano l'aretè e la gloria. Da tutto il contesto delle Opere emerge il nuovo significato di aretè che è il prestigio di cui gode l'uomo che si è assicurato il successo economico, che ha conseguito il benessere.
Alla premessa etica segue l'insegnamento della cultura dei campi. Il poeta ha raccolto e commenta una serie di massime, di precetti, di proverbi, distribuendoli secondo l'articolazione del calendario agricolo dalla semina autunnale alla potatura primaverile, alla mietitura, alla vendemmia, fino alla nuova semina. Ai consigli sulla cultura dei campi Esiodo fa seguire quella sulla navigazione, pur avendo ben poca dimestichezza col mare. Il poeta aggiunge una serie di osservazioni di carattere diverso che vanno dalla scelta delle mogli al comportamento dell'uomo durante la giornata. Chiude il poemetto un calendario dei giorni fasti e nefasti, ispirato alla superstizione.
Nella prima parte delle Opere, quella intesa a sviluppare i princìpi fondamentali della vita umana, la giustizia e il lavoro, ci sono tre digressioni su cui occorre richiamare l'attenzione. La prima è costituita dal mito del vaso di Pandora, la seconda, connessa con la prima, riguarda la storia umana dalla mitica età dell'oro alla attuale età del ferro (a questo proposito si veda anche il topic I Cicli della Decadenza. Il Ciclo Eroico, la terza è un "àinos", cioè una favoletta a sfondo morale, sullo sparviero e sull'usignolo.
Pandora è la donna inviata come malanno agli uomini da Zeus adirato con Prometeo che gli aveva sottratto il fuoco; essa compare adorna di tutte le seduzioni: ogni Dio le aveva fatto un dono quando Efesto, per volere di Zeus, l'aveva plasmata. Viene accolta dal fratello stolto di Prometeo, Epimeteo (="il senno di poi"). Pandora solleva il coperchio di una giara: il contenuto ne va disperso. Solo la speranza rimane nel fondo, ma ormai innumerevoli mali si aggirano fra gli uomini: ne è piena la terra e ne è pieno il mare. La digressione solleva molti problemi. Per esempio, la donna è un male in se stessa o ha solo dato occasione ai mali degli uomini? La giara di cui parla il poeta, e che doveva trovarsi presso Epimeteo, era piena di beni che sono andati dispersi per cui adesso l'uomo è solo con i mali, o era piena di mali? La speranza che è rimasta nella giara è un bene o un male? Quali che siano le soluzioni che si possono tentare, quello che qui interessa è il concetto (residuo di un'antica concezione orientale della donna come caduta dell'umanità da uno stato felice) che fa di Pandora la Eva greca.
Anche il mito delle successioni delle stirpi umane presenta notevoli difficoltà esegetiche. Le stirpi elencate sono cinque: quattro derivano il loro nome da un metallo: oro, argento, bronzo, ferro. Tra la stirpe del bronzo e quella del ferro il poeta inserisce la generazione degli eroi. Dunque età dell'oro, dell'argento, del bronzo, degli eroi e infine del ferro. E' certo che la successione non è presentata come una continua, progressiva decadenza, sia perchè ogni stirpe, concluso il suo ciclo, scompare distrutta dagli Dèi e la nuova sorge per un nuovo intervento divino, e sia perchè Esiodo dice esplicitamente che la quarta stirpe, quella degli eroi, è stata migliore della terza, quella del bronzo. Del resto anche gli uomini degli inizi dell'età del ferro non si possono dire peggiori di quelli della terza stirpe: è vero che le prospettive sono terrificanti, ma per il momento ai mali si mescoleranno ancora i beni. L'uomo può ancora scegliere la sua strada, e l'esortazione di Esiodo alla giustizia e al lavoro può quindi essere accolta dagli uomini.
La favola dello sparviero che fa valere il diritto del più forte sull'usignolo stretto fra i suoi artigli è il più antico esempio di un ammaestramento morale introdotto attraverso una scena dove gli animali rappresentano gli uomini. La spiegazione della favola viene data più avanti. questa è la legge di Zeus, che gli animali si divorino, perchè non c'è fra loro giustizia, di cui invece Zeus ha fatto dono agli uomini.
Nella seconda parte del poemetto, nella successione di insegnamenti sui lavori agricoli, si aprono due quadri, uno dell'inverno e uno dell'estate. La descrizione dell'inverno, assai ampia, date le proporzioni del poema, si svolge con un vigore e un respiro più omerico che esiodeo e non manca chi la considera (anche per certi ionismi: per esempio il mese di gennaio-febbraio indicato col termine ionico di Leneo invece che con quello beotico di Bucazio) una felice interpolazione. Il quadro dell'estate, quando il cardo fiorisce, la cicala stride sugli alberi, il solleone brucia la testa e le ginocchia, il contadino si concede una giornata di riposo con un buon pranzo all'ombra del bosco, è un persuasivo invito a gustare le gioie della campagna.
Si avverte nelle Opere uno iato tra la prima parte, concentrata sul tema della giustizia e del lavoro, e la seconda, un trattatello di consuetudini agricole. Anche il tono cambia: dalle esortazioni e dagli accenti che vogliono essere solenni si passa ad una sentenziosità popolareggiante.
C'è senza dubbio nel poemetto lo sforzo di innalzare la vita quotidiana al principio etico della giustizia e di considerare il lavoro come in fondamento di una nuova aretè; ciò non toglie che la moralità esiodea abbia un forte e grave limite nel continuo, preoccupato desiderio di arricchire che costituisce il sottofondo delle Opere. Quando proclama che la metà vale più del tutto e che c'è un grande vantaggio nel vivere di malva e di asfodelo, Esiodo è preso dalla suggestione dei due proverbi: ma poi il suo insegnamento può costituire una "contraddizione" di questa sentenza.
Ma a proposito di questo, non bisogna dimenticare che il nocciolo delle Opere, il desiderio di ricchezza, riflette l'aspirazione che caratterizza la società greca di quell'epoca, dall'aristocrazia agli agricoltori agli artigiani, è una delle espressioni dello slancio innovativo che dalla metà dell'VIII secolo porta alla creazione della civiltà arcaica. Diventa allora più significativa la preoccupazione di Esiodo per il venir meno dell' "aidòs", la sua condanna dell'hybris, la sua esigenza di giustizia.
Le Opere sono un documento importante nella storia dell'etica sociale dei Greci.
 
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3 replies since 23/11/2005, 17:18   5883 views
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